VALCAVALLINA. BENVENUTO MCDONALD’S?

Che arriva McDonald’s anche in Valcavallina ormai è certo ed ufficiale (cfr. L’Eco di qualche giorno fa). Ci mancava proprio il 631° ristorante McDonald’s in Italia e il 36.889° del mondo!

Per gustare i favolosi panini globalizzati noi della zona dobbiamo ancora recarci fino alla Iper di Seriate oppure risalire la Valle fino a Pisogne o a Boario in Valcamonica.

Investimento di un milione e 600 mila euro; almeno 50 addetti quelli finora ricercati e da addestrare prima dell’apertura; per essere assunti bisogna avere: “Ottime doti relazionali; Diploma di scuola media superiore; Orientamento al lavoro di squadra; Flessibilità e disponibilità a lavorare part-time, su turni giornalieri e notturni, durante i weekend e giorni festivi”. (cfr. qui)

Il mondo della ristorazione locale, in particolare i bar che si sono attrezzati per la pausa pranzo delle numerose maestranze impiegate nei vicini opifici, qualche contraccolpo potrebbe subirlo.

Farci cosa: il progresso è il progresso e dobbiamo solo sperare che vada di pari passo con l’educazione alimentare, perché – a detta degli esperti – non siamo affatto messi bene.

Il nuovo ristorante sorgerà nel territorio del comune di Trescore Balneario, sulla Via Nazionale – ex Statale 42 di fronte alla Gewiss di Cenate.

Questo McDonald’s, che – per dirla tutta – non ci mancava proprio, ci ha già liberato del boschetto (notevole!) che si trovava nel compendio su cui sono cominciati i lavori (foto 1, foto 2). I grandi alberi presenti e cresciuti da decenni (cedri, aceri e altro ancora), sono già stati segati, portati via e ora non ce ne è più traccia.

Grazie McDonald’s!

PS: Intanto che aspettiamo la fine dei lavori edilizi e l’inizio di quelli gastronomici, invitiamo a riguardare il Super Size Me, il film documentario statunitense di qualche anno fa (2004), scritto, prodotto, diretto e interpretato da Morgan Spurlock. Il film, vincitore nel 2005 dell’Oscar al miglior documentario, è la testimonianza di un periodo di trenta giorni durante il quale Spurlock si è nutrito solo di cibo prodotto dalla catena di ristoranti McDonald’s.

(18.07.22) DEL CALDO, DELLA SICCITA’ E DUE STORIE DI MAROCCHINI A SAN PAOLO D’ARGON

Circa 25 anni fa un conoscente mi aveva raccontato che era dovuto emigrare in Italia a seguito di ben quattro anni di siccità che aveva colpito alcune zone del Marocco centrale mettendo in ginocchio l’attività agricola di cui viveva la sua famiglia. Sistematosi da noi, dopo qualche anno fece venire la moglie con i figli; qualche altro figlio nacque qui a San Paolo d’Argon. Ora i ragazzi sono tutti grandi, hanno un lavoro, qualcuno è anche sposato con prole: è una delle famiglie marocchine più conosciute e stimate del nostro paese. Una volta mi presentarono l’anziano nonno contadino che avevano fatto venire per una breve vacanza. Mi sembrò di vedere il mio nonno, contadino anche lui, scomparso quasi mezzo secolo fa: stessi lineamenti, stessa carnagione, stessa postura, stessi gesti tanto che ne rimasi commosso.

Questa storia della siccità in Marocco negli anni Novanta mi ha sempre colpito e l’ho raccontata più volte, anche pubblicamente, non senza l’intento di convincere chi mi ascoltava ad avere un atteggiamento ragionevole e accogliente nei confronti di tutti i “nuovi” venuti, dal Marocco o da altri paesi.

Ciò non è servito a molto, per la verità, specialmente da quando la politica ha cominciato a far leva massicciamente sulla xenofobia. Con la conseguenza che mentre ci tagliavano salario, pensioni, diritti per applicare i diktat dei padroni e della finanza internazionale, abbiamo preferito prendercela astiosamente con gli stranieri che sbarcavano o erano venuti in Italia e che col peggioramento delle nostre condizioni economiche e sociali c’entravano esattamente come i cavoli a merenda

Migranti climatici vengono chiamati – secondo una terminologia recente – coloro che sono costretti a lasciare la loro terra a causa dei cambiamenti climatici che mettono in crisi le possibilità di sviluppo e sostentamento in aree sempre più ampie del mondo e in modo sempre più devastante. Ora ad essere colpita dalla siccità è la nostra Pianura Padana, che è sempre stata una delle zone più ricche d’acqua al mondo (fiumi, laghi, acque sotterranee, ghiacciai, indici di piovosità) e anche per questa ragione fra quelle più popolate ed economicamente avanzate.

Ricordo anche un altro marocchino, più giovane, conosciuto nel nostro paese qualche anno dopo, proveniente anch’egli dal centro Marocco e forse anch’egli costretto ad emigrare per ragioni climatiche, che mi parlava estasiato della nostra collina, dei nostri campi e prati quando in primavera diventano verdissimi. Per lui, abituato a un territorio brullo per la maggior parte dell’anno, il nostro paesaggio – mi diceva – era il paradiso, e non si stancava mai di guardarsi in giro, la collina, i prati, i giardini quasi avesse sotto gli occhi lo spettacolo di alberi lussureggianti, fiori di ogni colore, fontane e specchi d’acqua purissima della Jannah, appunto il paradiso musulmano.

Nel Marocco centrale, territorio praticamente confinante a sud col Sahara, che è il deserto più grande e terribile, in questi giorni e mesi il clima presenta – come lì avviene normalmente – un grado di siccità e un livello di temperatura identici a quelli che si stanno riscontrando nella nostra Lombardia. (alternainsieme.net, 18.07.22)

(07.07.22) Del lavoro e del mercato del lavoro. Qualche nota

La concorrenza fra lavoratori/-trici era particolarmente aborrita qualche anno fa dagli xenofobi e dai loro partiti, quando ci spiegavano che l’immigrazione avrebbe portato – aumentando le braccia da lavoro disponibili – ad una diminuzione dei salari. Di queste semplificazioni ci hanno nutrito negli anni, in cui peraltro gli stessi – insieme al grosso della classe politica – si affannavano a smantellare le garanzie su salari e contratti di lavoro, che hanno portato – queste sì, non gli immigrati – ad un immiserimento delle retribuzioni per tantissimi. Non è un caso che l’Italia sia il paese che negli ultimi trent’anni ha visto una diminuzione del salario reale a differenza di tutti gli altri paesi dove invece i salari seppure in misura diversa sono aumentati ovunque.

Ora gli stessi sono preoccupati che di concorrenza fra lavoratori/-trici – in certi settori e in qualche fase congiunturale transitoria – non ce ne sia a sufficienza per garantire che i salari restino da fame come a loro piace e ne incolpano senz’altro – pur sapendo che le dinamiche reali sono decisamente molto più complesse – il Reddito di cittadinanza di cui approfitterebbero, coloro che – secondo il padronato e i suoi lecchini – non vogliono lavorare.

Anche la nostra concittadina deputata On. Rebecca Frassini, allineandosi piattamente a questo ordine di idee dichiara che ”purtroppo spesso chi percepisce il reddito di cittadinanza ha dimostrato, in questi anni, di non aver voglia di lavorare e tutto questo si ripercuote sulla nostra già fragile economia”. (cfr. qui)

Eppure anche l’On. Rebecca Frassini era stata fra i parlamentari leghisti che insieme ai 5 Stelle avevano – con il voto di fiducia al governo Conte I del 20 marzo 2019 – di buon grado approvato e istituito il Reddito di cittadinanza. Mentre adesso – come si può notare – è in prima fila per screditarlo e affossarlo, con motivazioni – secondo chi scrive e mi perdoni Rebecca se sono troppo diretto – decisamente becere, anche se molto diffuse nella Lega, centro-destra e Pd, con i quali ha votato vantandosene un emendamento volto a depotenziare il Reddito di cittadinanza.

Però, un po’ di coerenza, o semplicemente di memoria, non guasterebbe.

In una situazione di povertà crescente e diffusa dare qualche soldo ai poveri è una misura di equità e buon senso. O si devono foraggiare con soldi pubblici solo le imprese, anche se poi ci ripagano con delocalizzazioni, licenziamenti, lavoro precario, evasione ed elusione fiscale e via di seguito?

Per avere lavoratori e lavoratrici a disposizione i datori/-trici che non li trovano devono piantarla a offrir retribuzioni da fame e condizioni di lavoro inaccettabili.

Riguardo per esempio al lavoro giovanile voglio solo ricordare che le retribuzioni reali, quando ero giovane io (cioè poco meno di mezzo secolo fa) erano mediamente del 30% più alte di quelle attuali.

E se poi ci si lamenta, come troviamo spesso nei media padronali, della indisponibilità – vera o presunta – dei giovani a subire lavori sottopagati e non appaganti, personalmente questa indisponibilità la ritengo un valore nonché uno stimolo per il progresso umano e sociale, per migliorare retribuzioni e condizioni di lavoro e di vita. Le economie invece basate sui bassi salari e lavoro schiavile o coatto sono da schifo e continuano a rimanere fragilissime. (alternainsieme.net, 07.07.2022)

“Case e Ospedali di Comunità: un servizio pubblico, non un affare per la sanità privata”- Sabato 21 maggio, assemblea pubblica a Seriate (bg)




Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (aprile 2021) è scritto a chiare lettere che “L’obiettivo principale della Componente 1 (della missione 6 Salute) è quello di potenziare il Servizio Sanitario Nazionale, allineando i servizi ai bisogni delle comunità e dei pazienti, anche alla luce delle criticità emerse durante l’emergenza pandemica”.
Ciò nonostante, la Giunta Regionale della Lombardia vuole aprire la porta all’intervento degli operatori sanitari privati con la seguente argomentazione: “All’interno di un modello di SSR sussidiario, va approfondita la possibilità di realizzare strutture che svolgano le medesime funzioni previste dalle CDC/ODC, ma gestite da erogatori privati accreditati e di attivare forme di collaborazione fra soggetti pubblici e privati nella conduzione di tali strutture.”

Detto in altri termini, la Regione Lombardia sta cercando in tutti i modi di far entrare operatori sanitari privati accreditati in quello che ritengono un possibile nuovo business: le Case e gli Ospedali di Comunità.
Noi come Comitati bergamaschi per la Salute ribadiamo, invece, la necessità che le Case e gli Ospedali di Comunità siano a gestione pubblica, che non vengano operate chiusure e/o riduzioni di servizi delle strutture pubbliche (ad esempio l’Ospedale di San Giovanni Bianco) e che non siano affidate alle gestioni private comunque denominate (ad esempio cooperative di medici di base, ecc.) le cronicità, la diagnostica e gli esami di laboratorio.

Alla luce di questa premessa, vi invitiamo a partecipare a una assemblea pubblica in tema di Case e Ospedali di Comunità nella provincia di Bergamo sabato 21 maggio dalle 14:30 presso l’Auditorium della Biblioteca Civica a Seriate, in Via Italia 58.

Allo stato, sono previste relazioni di: Angelo Barbato (Dipartimento per la salute dell’Istituto Mario Negri di Milano e membro del Coordinamento regionale per il diritto alla salute Dico 32), Dante Goffetti (Tavolo della Salute di Bergamo), un esponente del Comitato Ospedale Vivo di San Giovanni Bianco, Marco Sironi (Consigliere comunale di “Sinistra per un’Altra Seriate); coordina Pia Panseri (Coord. Bg per il diritto alla salute).

Sono auspicati interventi dei presenti.

L’assemblea si svolgerà nel rispetto della normativa vigente in tema di prevenzione del covid 19.

Coordinamento Bergamasco per il diritto alla salute “Dico32” tel. 388 146 3481 coordsalutebg@libero.it

Tavolo della Salute di Bergamo tel. 349 396 7466 tavolodellasalutebg@libero.it

L’assemblea pubblica “No alla nuova legge sanitaria della Regione Lombardia. Difendiamo la sanità pubblica” (Bergamo, 7 aprile)

Il 7 aprile sera, presso il Centro Culturale La Porta in Bergamo, ha avuto luogo l’assemblea pubblica “No alla nuova legge sanitaria della Regione Lombardia. Difendiamo la sanità pubblica”.

L’assemblea ha registrato un’ampia partecipazione di pubblico e le relazioni presentate sono state calorosamente applaudite. Hanno parlato come relatori il dott. Vittorio Agnoletto (Medicina Democratica), il dott. Mirco Nacoti (rianimatore anestesista dell’ospedale Papa Giovanni XXIII) e Giuseppe Saragnese (infermiere, membro della RSU del Papa Giovanni XXIII).

Agnoletto ha illustrato le critiche alla legge sanitaria 22/2021 della Regione Lombardia sottolineando, in particolare, la sua insufficienza con riguardo alla medicina preventiva, alla medicina territoriale, alla medicina del lavoro, alle RSA e una apertura alla “equivalenza” tra il pubblico e il privato che, nel disposto della legge, mira a favorire un ingresso ancor più massiccio dei privati nella sanità in contrasto con l’uguale diritto alla salute dei cittadini (art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana).

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“No alla nuova legge sanitaria della Regione Lombardia. Difendiamo la sanità pubblica”. ASSEMBLEA PUBBLICA Bergamo, giovedì 7 aprile

Invito alla assemblea pubblica

II 1° gennaio 2022 è entrata in vigore la “nuova” legge sanitaria della Regione Lombardia (approvata il 30 novembre dal Consiglio Regionale a maggioranza Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e soci minori). Tale legge si pone in sostanziale continuità con il processo (avviato con la Legge Formigoni del 2009 e a cui ha dato seguito la “riforma” Maroni nel 2015) che ha permesso alla Sanità Privata di giungere ad accaparrarsi più del 40% della spesa sanitaria in Lombardia attraverso la politica degli accreditamenti.

La nuova legge sanitaria della assessora Moratti mira a sancire definitivamente “la equivalenza e integrazione all’interno del Sistema Sanitario Lombardo dell’offerta sanitaria e sociosanitaria delle strutture pubbliche e delle strutture private accreditate; garantendo la parità di diritti e di obblighi per tutti gli erogatori di diritto pubblico e di diritto privato” e, collateralmente, attribuisce al “privato” la possibilità di “concorrere alla istituzione delle Case e Ospedali di Comunità” previste dal Piano di Ripresa e Resilienza Nazionale (PNRR).

Alla luce di queste considerazioni, a nostro giudizio la legge sanitaria Moratti andrebbe completamente cancellata e riscritta radicalmente all’insegna di una gestione della salute pubblica etica, universale e gratuita. Per questo, la Campagna “Dico 32!” propone una propria piattaforma alternativa in 22 punti, sulla base della quale in tutta la regione sono state organizzate decine di assemblee informative e di lotta al fine di costruire un ampio movimento di cittadine/i finalizzato ad ottenere una reale riforma del Servizio Sanitario Lombardo.

Per dibattere insieme su questi temi, vi invitiamo ad una assemblea pubblica che avrà luogo a Bergamo giovedì 7 aprile alle h. 20:45 presso il Centro Culturale La Porta, viale Papa Giovanni XXIII, 30.

Allo stato sono previste relazioni del dott. Vittorio Agnoletto (Medicina Democratica), dott. Mirco Nacoti (rianimatore anestesista dell’ospedale Papa Giovanni XXIII), Giuseppe Saragnese (infermiere, membro della RSU del Papa Giovanni XXIII), Alexandra D’Angelo (dottorato di ricerca in sociologia dei disastri, Università di Torino). Sarà possibile effettuare interventi prenotandosi direttamente in sala.

Se siete interessati a partecipare alla assemblea del 7 aprile, vi chiediamo di manifestare la vostra disponibilità rispondendo via email a questo invito.

Nella fase finale della assemblea lanceremo la proposta di una successiva assemblea di approfondimento sul tema delle Case e degli Ospedali di Comunità previsti dal PNRR per la Lombardia, con particolare riguardo per quanto disposto per la provincia di Bergamo, prospettando la necessità di contrastare le manovre della Regione Lombardia per far passare come nuove strutture socio-sanitarie il semplice cambio di targa di strutture già esistenti, sottacendo la mancanza di personale sanitario che rischia di fare impantanare la sanità territoriale anziché rilanciarla come sarebbe necessario.

Coordinamento Bergamasco per il diritto alla salute “Dico32” tel. 388 146 3481 coordsalutebg@libero.it

Tavolo della Salute di Bergamo tel. 349 396 7466 tavolodellasalutebg@libero.it

Bergamo. 18 marzo, giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid 19. Noi preferiamo commemorare in un altro modo!

Avviene per il secondo anno consecutivo.

Noi cittadini di Bergamo, città martire, colpita dal Covid nel marzo-aprile del 2020, quando prese rapidamente piede un gigantesco focolaio che fece un numero spaventoso di vittime , ci troviamo a commemorare in solitudine i nostri morti, esclusi dalle cerimonie istituzionali. Stato, regione e comune lasciano i parenti delle vittime e i cittadini fuori dalla porta.

L’inutilità e l’ipocrisia dei teatrini istituzionali in questa giornata sono evidenti.
Noi non vogliamo cerimonie ipocrite e autoassolutorie, non ci servono, anzi ci irritano. Noi abbiamo bisogno prima di tutto di verità e di giustizia.
La nostra memoria va insistentemente a questa strage che ci assilla, ci inquieta e ci pone gravi interrogativi.

Come e perché è stato possibile?

Rispondere a questa domanda significa non solo individuare i responsabili, ma capire anche dove e come si debba intervenire per cambiare e attrezzare la società, le persone, il sistema sanitario perché si realizzi ciò che serve ad evitare che altri disastri si ripetano e a superare il senso di fragilità.

Siamo delusi, invece, e sconcertati dal vuoto di risposta che notiamo nelle istituzioni che, senza nemmeno una parvenza di autocritica, vogliono chiudere la parentesi e riprendere tutto esattamente come prima, o peggio di prima.

Perché il campo di indagine della commissione parlamentare di inchiesta – attraverso un emendamento – è stato limitato al periodo antecedente al 30 gennaio 2020, quando la pandemia non era ancora venuta alla luce in Italia?

Perché alla scadenza della legge regionale sulla sanità in Lombardia ne è stata adottata un’altra che sfacciatamente accentua la tendenza alla privatizzazione e misconosce ulteriormente il ruolo della sanità nei territori? Privatizzazione e deprivazione della medicina di base non erano state considerate tra i fattori che più avevano contribuito ad indebolire la risposta del sistema sanitario alla pandemia?

Perché il nostro Paese è stato fra i Paesi dell’UE che maggiormente si sono opposti abolire i brevetti sui vaccini di Big Farma, decisione che ha intralciato significativamente la diffusione delle vaccinazioni di massa nei Paesi più poveri, fattore questo che poi ha incrementato la proliferazioni delle cosiddette varianti del virus?

Perché, malgrado due anni di pandemia, non sono stati presi provvedimenti per evitare che nei prossimi cinque anni – secondo le tendenze in atto – il 40% dei cittadini della nostra regione sarà senza medico di fiducia e sarà costretta a prestazioni private pagate di tasca propria? Perché medici e personale sanitario, indicati ieri come eroi per il lavoro svolto nell’emergenza Covid e per l’alto numero di vittime, oggi sono oggetto di una campagna denigratoria, da parte della stampa e persino dalla vicepresidente regionale Letizia Moratti?

In questo contesto ribadiamo che commemorazioni istituzionali come quella prevista per venerdì 18 marzo nella quale (come avvenuto lo scorso anno ) non hanno alcun ruolo i soggetti che maggiormente hanno subito la pandemia e che maggiormente sono impegnati per la verità e la giustizia, risultano ipocrite e prive di valore e per quanto ci riguarda, ne leggiamo il solo intento di voler seppellire insieme ai nostri morti l’unica cosa che può essere di consolazione, la Verità.

I fatti come quelli che hanno riguardato il pronto soccorso dell’Ospedale di Alzano Lombardo, la mancata istituzione della zona rossa in Valseriana e in provincia di Bergamo, che, come ricordato recentemente dal prof Crisanti, avrebbe potuto risparmiare migliaia di vittime nella nostra provincia e non solo, le scelte di politici e amministratori che hanno accettato di farsi condizionare dagli interessi dell’economia anteponendo le ragioni del profitto di pochi a quelle della salute di tutti, lasciano aperti inquietanti interrogativi.

I nostri comitati , i nostri presidi , tutti coloro che lottano sui territori difendendo la salute pubblica , non saranno alla commemorazione ufficiale, ma continueranno nell’impegno per la verità e la giustizia , per ribadire il diritto alla salute di tutti e tutte, contro lo scippo sistematico di uno dei diritti fondamentali come quello di una salute pubblica , gratuita e per tutti e tutte, previsto e garantito dalla nostra Costituzione.

Giù le mani dai nostri morti!

Bergamo, 16 marzo 2022

Coordinamento Bergamasco per il Diritto alla Salute “Dico32” (tel. 3881463481 – coordsalutebg@libero.it)

Tavolo della Salute – Bergamo (tel. 3493967466 – tavolodellasalute@libero.it

Bergamo. 18 marzo, giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid 19. Noi preferiamo commemorare in un altro modo!

Avviene per il secondo anno consecutivo.

Noi cittadini di Bergamo, città martire, colpita dal Covid nel marzo-aprile del 2020, quando prese rapidamente piede un gigantesco focolaio che fece un numero spaventoso di vittime , ci troviamo a commemorare in solitudine i nostri morti, esclusi dalle cerimonie istituzionali. Stato, regione e comune lasciano i parenti delle vittime e i cittadini fuori dalla porta.

L’inutilità e l’ipocrisia dei teatrini istituzionali in questa giornata sono evidenti.
Noi non vogliamo cerimonie ipocrite e autoassolutorie, non ci servono, anzi ci irritano. Noi abbiamo bisogno prima di tutto di verità e di giustizia.
La nostra memoria va insistentemente a questa strage che ci assilla, ci inquieta e ci pone gravi interrogativi.

Come e perché è stato possibile?

Rispondere a questa domanda significa non solo individuare i responsabili, ma capire anche dove e come si debba intervenire per cambiare e attrezzare la società, le persone, il sistema sanitario perché si realizzi ciò che serve ad evitare che altri disastri si ripetano e a superare il senso di fragilità.

Siamo delusi, invece, e sconcertati dal vuoto di risposta che notiamo nelle istituzioni che, senza nemmeno una parvenza di autocritica, vogliono chiudere la parentesi e riprendere tutto esattamente come prima, o peggio di prima.

Perché il campo di indagine della commissione parlamentare di inchiesta – attraverso un emendamento – è stato limitato al periodo antecedente al 30 gennaio 2020, quando la pandemia non era ancora venuta alla luce in Italia?

Perché alla scadenza della legge regionale sulla sanità in Lombardia ne è stata adottata un’altra che sfacciatamente accentua la tendenza alla privatizzazione e misconosce ulteriormente il ruolo della sanità nei territori? Privatizzazione e deprivazione della medicina di base non erano state considerate tra i fattori che più avevano contribuito ad indebolire la risposta del sistema sanitario alla pandemia?

Perché il nostro Paese è stato fra i Paesi dell’UE che maggiormente si sono opposti abolire i brevetti sui vaccini di Big Farma, decisione che ha intralciato significativamente la diffusione delle vaccinazioni di massa nei Paesi più poveri, fattore questo che poi ha incrementato la proliferazioni delle cosiddette varianti del virus?

Perché, malgrado due anni di pandemia, non sono stati presi provvedimenti per evitare che nei prossimi cinque anni – secondo le tendenze in atto – il 40% dei cittadini della nostra regione sarà senza medico di fiducia e sarà costretta a prestazioni private pagate di tasca propria? Perché medici e personale sanitario, indicati ieri come eroi per il lavoro svolto nell’emergenza Covid e per l’alto numero di vittime, oggi sono oggetto di una campagna denigratoria, da parte della stampa e persino dalla vicepresidente regionale Letizia Moratti?

In questo contesto ribadiamo che commemorazioni istituzionali come quella prevista per venerdì 18 marzo nella quale (come avvenuto lo scorso anno ) non hanno alcun ruolo i soggetti che maggiormente hanno subito la pandemia e che maggiormente sono impegnati per la verità e la giustizia, risultano ipocrite e prive di valore e per quanto ci riguarda, ne leggiamo il solo intento di voler seppellire insieme ai nostri morti l’unica cosa che può essere di consolazione, la Verità.

I fatti come quelli che hanno riguardato il pronto soccorso dell’Ospedale di Alzano Lombardo, la mancata istituzione della zona rossa in Valseriana e in provincia di Bergamo, che, come ricordato recentemente dal prof Crisanti, avrebbe potuto risparmiare migliaia di vittime nella nostra provincia e non solo, le scelte di politici e amministratori che hanno accettato di farsi condizionare dagli interessi dell’economia anteponendo le ragioni del profitto di pochi a quelle della salute di tutti, lasciano aperti inquietanti interrogativi.

I nostri comitati , i nostri presidi , tutti coloro che lottano sui territori difendendo la salute pubblica , non saranno alla commemorazione ufficiale, ma continueranno nell’impegno per la verità e la giustizia , per ribadire il diritto alla salute di tutti e tutte, contro lo scippo sistematico di uno dei diritti fondamentali come quello di una salute pubblica , gratuita e per tutti e tutte, previsto e garantito dalla nostra Costituzione.

Giù le mani dai nostri morti!

Bergamo, 16 marzo 2022

Coordinamento Bergamasco per il Diritto alla Salute “Dico32” (tel. 3881463481 – coordsalutebg@libero.it)

Tavolo della Salute – Bergamo (tel. 3493967466 – tavolodellasalute@libero.it)

(26.02.22) Seriate. No alla privatizzazione della sanità – Verità e giustizia per le vittime del Covid – [assemblea rimandata]

Sabato 26 febbraio dalle 14.30, Auditorium Biblioteca civica, Via Italia 58, Seriate (BG)

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SERIATE: SOSPESA L’ASSEMBLEA SUI TEMI DELLA SANITA’ E DEL COVID PREVISTA SABATO 26 FEBBRAIO C/O BIBLIOTECA CIVICA

Di fronte al gravissimo evolversi della crisi ucraina e per permettere di partecipare alle mobilitazioni contro la guerra previste nella giornata di sabato 26 febbraio, l’assemblea sui temi della salute che si doveva tenere nel pomeriggio di sabato26 febbraio presso l’auditorium della biblioteca di Seriate, VIENE SOSPESA

Data l’importanza e l’urgenza dei temi che si dovevano discutere, l’assemblea verrà riconvocata in tempi stretti e sarà nostra cura informare tempestivamente della prossima convocazione.

Bergamo, 25 febbraio 2022

“Coordinamento Bergamasco per il diritto alla salute ‘Dico 32’”

“Tavolo della Salute Bergamo”

Trasmette: Maurizio Mazzucchetti tel. 3389759975

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L’assemblea è convocata per illustrare e discutere le conseguenze della legge sanitaria regionale 96/2021 approvata il 30 novembre scorso con i voti favorevoli della maggioranza di centro destra. Questa legge, che regolerà la sanità in Lombardia nei prossimi anni, è in assoluta continuità con quelle precedenti che negli ultimi 10 anni hanno sistematicamente avvantaggiato la sanità privata a discapito di quella pubblica. Inoltre, nella “nuova” legge sono di nuovo sostanzialmente assenti la programmazione socio-sanitaria territoriale, la medicina preventiva, il coinvolgimento dei territori, la tutela dell’ambiente, trascurando la tragica lezione della pandemia da covid 19, che nel 2020 ha prodotto, non lo dimentichiamo, 35000 morti in Lombardia, di cui 6000 nella Bergamasca.

Nell’assemblea parleremo anche della delibera della Giunta Regionale del 15 dicembre scorso per l’applicazione in Lombardia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in materia di Case di Comunità, Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali e della necessità che le Case e gli Ospedali di Comunità siano a gestione pubblica, che non debbano essere operate chiusure e/o riduzioni di servizi delle strutture pubbliche (ad esempio l’Ospedale di San Giovanni Bianco) e che non siano affidate alle gestioni private comunque denominate (ad esempio cooperative di medici di base, ecc.) le cronicità, la diagnostica e gli esami di laboratorio.

Infine, parleremo di come organizzare intorno a metà marzo una nostra commemorazione pubblica delle vittime del covid 19 del marzo-aprile 2020, distinta da quella auto-assolutoria delle Istituzioni, per chiedere verità e giustizia sulla mancata zona rossa e quanto accaduto all’ospedale di Alzano L. (verità ricordata anche dalla recente relazione del prof. Andrea Crisanti interpellato come perito dal Tribunale di Bergamo).

Interverranno – tra le/gli altre/i – alla assemblea:

Angelo Barbato, Dipartimento per la salute Istituto Mario Negri -Milano; Dante Goffetti, Tavolo della Salute Bergamo; Giuseppe Saragnese, infermiere Ospedale Giovanni XXIII, delegato Rsu Cgil
Vittorio Armanni, Associazione Italia/Cuba; Consuelo Locati, portavoce del Comitato parenti delle vittime da COVID

Coordina: Pia Panseri, Coordinamento bg per il diritto alla salute “Dico 32”

* Si potrà seguire l’assemblea nella diretta Facebook alle pagine fb “alternainsieme.net” oppure “Coordinamento Lombardo Per Il Diritto Alla Salute

Alle/gli interessate/i all’assemblea del 26.02 chiediamo di rispondere al più presto a questo appello via email o per telefono, specificando se intendono prenotarsi per un intervento (max. 10’) sui temi in oggetto. E’comunque aperta la possibilità di intervenire alla fine degli interventi prenotati.

Coordinamento Bergamasco per il diritto alla salute “Dico32” – tel. 3881463481 coordsalutebg@libero.it

Tavolo della Salute – Bergamo – tel. 349 396 7466 tavolodellasallute@libero.it

VOLANTINO: fronteretro

San Paolo d’Argon e Fara Gera d’Adda: due sfratti rinviati. Unione Inquilini chiede a tutti i comuni della bergamasca di prestare attenzione e impegno per il diritto alla casa

L’anno scorso di questi tempi, con analoghi livelli di diffusione del Covid vigeva il blocco degli sfratti. Non più in questo gennaio 2022, mese in cui invece un numero sempre maggiore di persone e famiglie si rivolge al nostro sindacato perché hanno ricevuto l’avviso di sloggio.

Questa mattina come Unione Inquilini di Bergamo siamo stati impegnati a San Paolo d’Argon e a Fara Gera d’Adda per chiedere – alla seconda uscita dell’ufficiale giudiziario – il rinvio di due sfratti.

Nel caso di San Paolo d’Argon il Comune congiuntamente a Valcavallina Servizi, che gestisce diversi alloggi da destinare temporaneamente per l’emergenza sfratti nella zona, nei prossimi giorni metterà a disposizione della famiglia sfrattata (con due figli minori) un alloggio provvisorio.

A Fara Gera d’Adda è invece dovuta intervenire la parrocchia che si è dichiarata disponibile ad alloggiare la famiglia sfrattata per almeno 6 mesi. Malgrado le soluzioni alternative fossero in ogni caso state predisposte, grazie anche alle sollecitazioni di Unioni Inquilini, non sono mancati momenti di tensione – poi rientrata – in particolare a Fara Gera d’Adda, quando la proprietà stamattina pretendeva l’esecuzione immediata dello sloggio e l’ufficiale giudiziario ha chiamato le forze dell’ordine. Non si possono affrontare le contraddizioni sociali con l’uso della forza pubblica, noi ci opporremo.

Sia a San Paolo d’Argon sia a Fara Gera d’Adda è stato possibile ottenere un rinvio temporaneo degli sloggi di due settimane circa; ciò consentirà alle famiglie coinvolte un cambio alloggio meno convulso. Speriamo di potere farli passare da una casa a una casa e non sui marciapiedi. D’altro canto anche se le due vicende si sono concluse in modo positivo, è però evidente che le risorse abitative che i comuni possono mettere a disposizione per l’emergenza sfratti conseguente allo sblocco deciso da governo e parlamento, sono in via di esaurimento o, come nel caso di Fara d’Adda, esaurite.

Lo stesso PNRR – come si evince dalla stampa – mette a disposizione anche in bergamasca fondi non per ampliare il patrimonio pubblico, ma solo per l’adeguamento di una parte di quello esistente, che – come noto – è costituito per lo più di edifici invecchiati – da decenni non si fanno praticamente più case popolari – con alloggi in cattiva manutenzione, spesso perfino lasciati sfitti o al degrado.

Unione Inquilini chiede, di fronte alla pandemia che non accenna a placarsi – si sospenda l’esecuzione degli sfratti; sollecita i comuni della bergamasca ad attivarsi sia per rispondere a questa nuova emergenza sfratti reperendo – attraverso il riuso del patrimonio pubblico e anche privato inutilizzato – nuovi alloggi a canone sociale e a predisporre gli strumenti quali i piani di Zona nella prospettiva del rilancio dell’edilizia residenziale pubblica di cui l’Italia e anche i nostri paesi hanno sempre più bisogno. (Unione Inquilini Bergamo, 28.01.22)

Nessuna famiglia senza casa, nessuna casa senza famiglia.