(18.07.22) DEL CALDO, DELLA SICCITA’ E DUE STORIE DI MAROCCHINI A SAN PAOLO D’ARGON

Circa 25 anni fa un conoscente mi aveva raccontato che era dovuto emigrare in Italia a seguito di ben quattro anni di siccità che aveva colpito alcune zone del Marocco centrale mettendo in ginocchio l’attività agricola di cui viveva la sua famiglia. Sistematosi da noi, dopo qualche anno fece venire la moglie con i figli; qualche altro figlio nacque qui a San Paolo d’Argon. Ora i ragazzi sono tutti grandi, hanno un lavoro, qualcuno è anche sposato con prole: è una delle famiglie marocchine più conosciute e stimate del nostro paese. Una volta mi presentarono l’anziano nonno contadino che avevano fatto venire per una breve vacanza. Mi sembrò di vedere il mio nonno, contadino anche lui, scomparso quasi mezzo secolo fa: stessi lineamenti, stessa carnagione, stessa postura, stessi gesti tanto che ne rimasi commosso.

Questa storia della siccità in Marocco negli anni Novanta mi ha sempre colpito e l’ho raccontata più volte, anche pubblicamente, non senza l’intento di convincere chi mi ascoltava ad avere un atteggiamento ragionevole e accogliente nei confronti di tutti i “nuovi” venuti, dal Marocco o da altri paesi.

Ciò non è servito a molto, per la verità, specialmente da quando la politica ha cominciato a far leva massicciamente sulla xenofobia. Con la conseguenza che mentre ci tagliavano salario, pensioni, diritti per applicare i diktat dei padroni e della finanza internazionale, abbiamo preferito prendercela astiosamente con gli stranieri che sbarcavano o erano venuti in Italia e che col peggioramento delle nostre condizioni economiche e sociali c’entravano esattamente come i cavoli a merenda

Migranti climatici vengono chiamati – secondo una terminologia recente – coloro che sono costretti a lasciare la loro terra a causa dei cambiamenti climatici che mettono in crisi le possibilità di sviluppo e sostentamento in aree sempre più ampie del mondo e in modo sempre più devastante. Ora ad essere colpita dalla siccità è la nostra Pianura Padana, che è sempre stata una delle zone più ricche d’acqua al mondo (fiumi, laghi, acque sotterranee, ghiacciai, indici di piovosità) e anche per questa ragione fra quelle più popolate ed economicamente avanzate.

Ricordo anche un altro marocchino, più giovane, conosciuto nel nostro paese qualche anno dopo, proveniente anch’egli dal centro Marocco e forse anch’egli costretto ad emigrare per ragioni climatiche, che mi parlava estasiato della nostra collina, dei nostri campi e prati quando in primavera diventano verdissimi. Per lui, abituato a un territorio brullo per la maggior parte dell’anno, il nostro paesaggio – mi diceva – era il paradiso, e non si stancava mai di guardarsi in giro, la collina, i prati, i giardini quasi avesse sotto gli occhi lo spettacolo di alberi lussureggianti, fiori di ogni colore, fontane e specchi d’acqua purissima della Jannah, appunto il paradiso musulmano.

Nel Marocco centrale, territorio praticamente confinante a sud col Sahara, che è il deserto più grande e terribile, in questi giorni e mesi il clima presenta – come lì avviene normalmente – un grado di siccità e un livello di temperatura identici a quelli che si stanno riscontrando nella nostra Lombardia. (alternainsieme.net, 18.07.22)