(07.07.22) Del lavoro e del mercato del lavoro. Qualche nota

La concorrenza fra lavoratori/-trici era particolarmente aborrita qualche anno fa dagli xenofobi e dai loro partiti, quando ci spiegavano che l’immigrazione avrebbe portato – aumentando le braccia da lavoro disponibili – ad una diminuzione dei salari. Di queste semplificazioni ci hanno nutrito negli anni, in cui peraltro gli stessi – insieme al grosso della classe politica – si affannavano a smantellare le garanzie su salari e contratti di lavoro, che hanno portato – queste sì, non gli immigrati – ad un immiserimento delle retribuzioni per tantissimi. Non è un caso che l’Italia sia il paese che negli ultimi trent’anni ha visto una diminuzione del salario reale a differenza di tutti gli altri paesi dove invece i salari seppure in misura diversa sono aumentati ovunque.

Ora gli stessi sono preoccupati che di concorrenza fra lavoratori/-trici – in certi settori e in qualche fase congiunturale transitoria – non ce ne sia a sufficienza per garantire che i salari restino da fame come a loro piace e ne incolpano senz’altro – pur sapendo che le dinamiche reali sono decisamente molto più complesse – il Reddito di cittadinanza di cui approfitterebbero, coloro che – secondo il padronato e i suoi lecchini – non vogliono lavorare.

Anche la nostra concittadina deputata On. Rebecca Frassini, allineandosi piattamente a questo ordine di idee dichiara che ”purtroppo spesso chi percepisce il reddito di cittadinanza ha dimostrato, in questi anni, di non aver voglia di lavorare e tutto questo si ripercuote sulla nostra già fragile economia”. (cfr. qui)

Eppure anche l’On. Rebecca Frassini era stata fra i parlamentari leghisti che insieme ai 5 Stelle avevano – con il voto di fiducia al governo Conte I del 20 marzo 2019 – di buon grado approvato e istituito il Reddito di cittadinanza. Mentre adesso – come si può notare – è in prima fila per screditarlo e affossarlo, con motivazioni – secondo chi scrive e mi perdoni Rebecca se sono troppo diretto – decisamente becere, anche se molto diffuse nella Lega, centro-destra e Pd, con i quali ha votato vantandosene un emendamento volto a depotenziare il Reddito di cittadinanza.

Però, un po’ di coerenza, o semplicemente di memoria, non guasterebbe.

In una situazione di povertà crescente e diffusa dare qualche soldo ai poveri è una misura di equità e buon senso. O si devono foraggiare con soldi pubblici solo le imprese, anche se poi ci ripagano con delocalizzazioni, licenziamenti, lavoro precario, evasione ed elusione fiscale e via di seguito?

Per avere lavoratori e lavoratrici a disposizione i datori/-trici che non li trovano devono piantarla a offrir retribuzioni da fame e condizioni di lavoro inaccettabili.

Riguardo per esempio al lavoro giovanile voglio solo ricordare che le retribuzioni reali, quando ero giovane io (cioè poco meno di mezzo secolo fa) erano mediamente del 30% più alte di quelle attuali.

E se poi ci si lamenta, come troviamo spesso nei media padronali, della indisponibilità – vera o presunta – dei giovani a subire lavori sottopagati e non appaganti, personalmente questa indisponibilità la ritengo un valore nonché uno stimolo per il progresso umano e sociale, per migliorare retribuzioni e condizioni di lavoro e di vita. Le economie invece basate sui bassi salari e lavoro schiavile o coatto sono da schifo e continuano a rimanere fragilissime. (alternainsieme.net, 07.07.2022)