Bergamo. Note sulla condizione abitativa nella pandemia / Proposta di mobilitazione unitaria per il diritto alla casa

A cura di Unione Inquilini Bergamo e provincia

  • 1. Il blocco degli sfratti è stata una misura sanitaria dovuta, non un regalo ma una conquista dei movimenti di lotta per la casa e per la salute. La fine del blocco degli sfratti è prevista al 30 giugno, ma il decorso della pandemia è tutt’altro che favorevole. Per questo dobbiamo prima di tutto batterci perché il blocco sia senz’altro prolungato, altrimenti tra meno di due mesi ci troveremo al centro di una tempesta socialmente catastrofica.
  • 2. Purtroppo il blocco degli sfratti non è stato accompagnato da provvedimenti di prospettiva in tema di diritto alla casa. Provvedimanti di cui il nostro paese ha bisogno di fronte a un tendenza che vede sempre più aumentare il numero di case vuote e contemporaneamente il numero di persone che non riesce a sostenere il caro casa sul mercato privato. Abbiamo bisogno di una nuova legge sulle locazioni per canoni sostenibili ai ceti popolari e di avviare un piano di ampliamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica.
  • 3. Nel frattempo il numero degli sfratti è aumentato enormemente perché il blocco riguarda solo l’esecuzione degli sgomberi (nemmeno tutti!) – cioè gli atti finali – e non le procedure di sfratto che – proprio nel corso della pandemia – si sono invece moltiplicate: perché la gente ha perso lavoro o ha visto i propri redditi decurtati, non essendo così più un grado di pagare l’affitto. Secondo nostre valutazioni, il Tribunale di Bergamo, da maggio 2020 ha tenuto circa 4-4.500 udienze, solo per gli sfratti, a cui potrebbe corrispondere un numero di procedure di esecuzione mai visto che si assommeranno a quelle pregresse il 2020.
  • 4. In questo contesto anche i provvedimenti emergenziali, quali lo sblocco delle risorse per il sostegno all’affitto, hanno potuto soddisfare solo il 3% delle richieste. Anche il blocco degli sgomberi è stato applicato – come ricordato – in misura parziale. Nel caso di Montello (bg), per esempio, solo il presidio antisfratto promosso da Unione Inquilini e dal locale Sportello Sociale di Rifondazione Comunista ha potuto evitare – gennaio 2021 – che 3 famiglie venissero buttate in strada, in pieno inverno e in piena emergenza Covid. Un atto di resistenza a seguito del quale le forze dell’ordine hanno pure tentato di utilizzare la normativa anticovid per colpire una lotta sacrosanta!
  • 5. In Lombardia, a causa di una legge sull’edilizia pubblica risultata in alcuni aspetti perfino anticostituzionale e illegittima, la giunta regionale ha tenuto bloccati per oltre un anno i bandi per le assegnazioni delle case popolari. Alla riapertura, peraltro lenta e parziale, sono stati messi a disposizione un numero di alloggi molto inferiore a quelli del periodo pre-covid. Nella città capoluogo, il numero di alloggi messi a bando è diminuito del 60 % rispetto al 2018, anno in cui già si assegnava solo al 10% di tutte le famiglie presenti in graduatoria.Invece è aumentato continuamente il numero degli alloggi popolari sfitti. Aler, a livello provinciale, a fine 2020, aveva circa 1050 alloggi sfitti (13% del patrimonio).
  • 6. Nei caseggiati cittadini di edilizia popolare, gestiti da Aler, dal Comune di Bergamo, ad esempio, si allargano le situazioni di sofferenza: qui si concentra una popolazione fragile (anziani o invalidi soli, famiglie monoreddito, ecc.) che abita in edifici vetusti e con scarsa manutenzioni, dove sono continuamente aumentati gli affitti e le spese condominiali. L’emergenza sociale ha fatto esplodere le morosità, cresciute fino al 38% (dicembre 2020). Gli enti gestori si stanno dimostrando completamente impreparati ad affrontare la sofferenza sociale che viene affrontata di fatto solo con gli sfratti.
  • 7. Come noto, la Regione Lombardia, che tramite le Aler gestisce l’edilizia residenziale pubblica, da tempo persegue una politica di aziendalizzazione, privatizzazione e svendita del patrimonio. Anche a Bergamo i risultati sono stati disastrosi per inefficienza: crollo delle assegnazioni (passate da 383 all’anno nel 2018 a 145 nel 2020) e una gestione degli alloggi sempre più fallimentare.
  • 8. Buona parte dei comuni della bergamasca disdegna di impegnarsi per aumentare la propria dotazione di edilizia residenziale pubblica, giungendo in alcune occasioni apertamente a cacciare gli inquilini per vendere gli stabili e fare cassa.
  • 9. Di fronte a questi fenomeni, tanto drammatici quanto occultati, perché a chi li subisce viene negata la parola, è necessaria anche nella città e nella provincia una forte mobilitazione che ponga al centro il diritto alla casa e veda protagonisti tutti i soggetti colpiti: dalle famiglie sfrattate, ai tanti che fanno domanda di casa popolare, fino agli inquilini delle case popolari lasciati nel degrado e nell’abbandono.

E nessuno può salvarsi da solo.

  • 10. E’ tempo anche a Bergamo di una forte, decisa e unitaria, mobilitazione per il diritto alla casa, che si ponga i seguenti obiettivi: abbassare gli affitti, rendere disponibili gli alloggi sfitti a partire da quelli pubblici lasciati vuoti o al degrado, aumentare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica (senza consumo di suolo), riqualificare profondamente il patrimonio residenziale pubblico esistente.

Se a giugno governo e istituzioni vorranno confermare di porre fine al blocco degli sfratti, diciamo chiaramente che non possiamo tollerare che la gente finisca in strada o nella precarietà abitativa: nessuno sgombero senza passaggio da casa a casa, un obiettivo che non basta annunciare ma che dobbiamo conquistare tutti insieme casa per casa.

Bergamo, 25 aprile 2021

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