(01.12.17) BERGAMO. ASSEMBLEA FAMIGLIE E ATTIVISTI ANTI-SFRATTO * Venerdì 1° dicembre ore 18.00, c/o Unione Inquilini, Via Borgo Palazzo 84/g, Bergamo “Per fermare la precarietà abitativa e sociale, una campagna per il riuso di tutti gli immobili pubblici e privati inutilizzati.” In bergamasca ci sono troppi sfratti e sgomberi gestiti con modalità spicce e brutali. Questo perché la Prefettura di Bergamo perché non ha ancora applicato la circolare interpretativa dell’articolo 11 del decreto sicurezza (D.L. 14/2017), che è stata inviata dal Ministero dell’Interno ai Prefetti di tutta Italia. Bisogna garantire “le tutele alloggiative degli aventi diritto in relazione a ciascuno degli interventi di sgombero programmati” (Cfr: www.interno.gov.it/…). Inoltre deve essere predisposta una mappatura, a cura del Prefetto, degli immobili sfritti, pubblici e privati, finalizzata ad un piano di riuso degli stessi ad uso abitativo e sociale. Per aprire una campagna di mobilitazione anche in bergamasca ci incontriamo venerdi 1 dicembre, ore 18 presso la sede di Unione Inquilini a Bergamo in via Borgo Palazzo 84/g. Diritto alla casa, le nostre precedenti info: qui |
(06.11.17) DOCUMENTI. IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI BERGAMO DICE NO AL CETA * MOZIONE PRESENTATA DAI CONSIGLIERI TODESCHINI, LOBATI, LOCATELLI, MIGLIORATI, CAPELLETTI, MASPER, VALOTI, MINETTI, GAFFORELLI IN MERITO ALLA CONTRARIETA’ ALLA RATIFICA DELL’ACCORDO ECONOMICO E COMMERCIALE GLOBALE (CETA) TRA CANADA E UNIONE EUROPEA E CONSEGUENTI DANNI AL SETTORE AGRICOLO EUROPEO E ITALIANO. Deliberazione n. 23 del 20.10.17: QUI
* TESTO FINALE ALLEGATO DELLA MOZIONE APPROVATA: QUI |
(05.11.17) BERGAMO. MERCATINO DEGLI ABITI USATI: PER DIFENDERSI DALLA CRISI E PER LOTTARE CONTRO LE POLITICHE DI AUSTERITA’ * Domenica 5 novembre, dalle ore 10.00 alle ore 16.00,c/o Unione Inquilini-Rifondazione Comunista in Via Borgo Palazzo 84/g a Bergamo
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. Nel pomeriggio del 14 ottobre, in contemporanea con gli altri tavoli di lavoro, nel Forum dell’Alternativa al G7 dell’agricoltura, il tavolo mutualismo ha fatto incontrare varie esperienze.
Realtà intervenute: Tutti hanno esposto sinteticamente la propria attività di autorganizzazionwe di mutualismo.
Molte di queste realtà hanno ritenuto necessario costruire forme di organizzazione sociale che siano in grado innanzitutto di lavorare sul terreno della solidarietà elementare: Gruppi di Acquisto popolari, casse di resistenza operaia, resistenza agli sfratti, occupazioni di case, psicologo e dentista sociale, forme di difesa dei debitori…
Il discorso mutualistico si lega all’agricoltura, cioè il tema centrale del Forum, sotto vari aspetti, con la testimonianza e l’analisi di realtà come RiMaflow, Mondeggi, Fuori Mercato, le pratiche di Genuino Clandestino; al tema della crisi economica, con la testimonianza degli interventi della R@P; al tema del potere popolare con gli interventi del centro sociale ExOpg Je so’ pazzo.
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PREMESSA
Al tavolo agricoltura del Social Forum erano presenti molteplici realtà
Ecco un elenco esemplificativo e non esaustivo:
Via Campesina - Woof Italia - Sem Terra - Campagna popolare agricoltura contadina - Laboratorio Permacultura Temperata - Esperienze di Piccola Distribuzione Organizzata - Associazione Rurale Italiana - Gruppi di Acquisto Solidale - Distretto di Economia Solidale Rurale del Parco Sud Milano - Associazione Elkana (Georgia) - Co.Energia - Rete Nazionale Economia Solidale - Tavolo Piccoli Agricoltori - Comunità di Supporto all’Agricoltura di Arvaia - Comunità di Supporto all’Agricoltura di Lodi - Terra Nuova - Coordinamento Zero OGM - Scienza Coop. Sviluppo - Comune delle Cingiallegre - Crocevia - Rete Semi Rurali - Stop TTIP - Rete Radié Resch - Mercato&Cittadinanza - Cittadinanza Sostenibile - Brigate di Solidarietà Attiva - Caracol - Fuori Mercato - Commercio Equo e Solidale - Aziende contadine italiane
Modalità di lavoro
Il Tavolo Agricoltura si è concentrato sul dare concretezza al documento finale del Social Forum scaturito dalle riunioni plenarie, attraverso l’elaborazione collettiva di progetti reali e fattibili che andranno ad integrare il documento finale stesso.
Progetti concreti da costruire nelle prossime settimane e prossimi mesi, sia a livello territoriale di Bergamo che a livelli concentrici più ampi, come possono essere quelli regionali, nazionali, europei e mondiali, essendo convenuti al Social Forum alternativo di Bergamo realtà di tutte queste dimensioni spaziali.
Progetti concreti e reali che alludano ad una socialità alternativa e che dimostrino in concretezza che un altro mondo ed un’altra umanità, fondati su uguaglianza, giustizia e pace, siano possibili.
Il pensare che le buone prassi oggi come oggi non bastino più e che serva l’elaborazione di un pensiero politico in grande, passa necessariamente attraverso la tramutazione delle enunciazioni politiche del documento finale del Social Forum in concrete ed incarnate pratiche sociali dentro le nostre vite di tutti i giorni. A partire da domani. Solo così i documenti non restano solo sulla carta (vedi la Carta di Milano per Expo 2015, ed abbiamo timore che sarà così anche per la Dichiarazione di Bergamo per il G7 agricoltura 2017) ma si tramutano in testimonianze di vite collettive concrete vissute in maniera alternativa.
Che cosa ha prodotto il tavolo di lavoro
La discussione del Tavolo di Lavoro quindi con questa impostazione, ha prodotto i seguenti 3 impegni concreti, tangibili, verificabili nel tempo:
1. Scuola di formazione permanente e continua, itinerante, politica e tecnica (olistica) di agro-ecologia e sovranità alimentare contadina
Finalità:
Proposte di connessione con reti esistenti che già praticano scuole di agro-ecologia:
2. Per l’elaborazione di nuovi modelli e nuove forme di organizzazione che alludano ad un sistema sociale alternativo: una comunità di supporto all’agricoltura (C.S.A.)
Caratteristiche:
Dall’esigenza di costruire reti alternative con le seguenti caratteristiche:
3.Organizzare un movimento contadino unitario italiano in rete partendo da realtà collettive esistenti in tal senso, come Nyeleni Europe e Nyeleni Italia, ma che
faccia confederalità con le altre dimensioni della società.
Conclusioni
I 3 impegni concreti suddetti, come già accennato, potranno essere verificabili nei prossimi mesi
da parte di chi ci metterà la testa e gli sforzi, per portarli avanti e renderli realizzabili.
I 3 impegni inevitabilmente richiamano dimensioni spaziali differenti per poter essere messi in pratica, aldilà del valore dell’essere comunque tutti in rete per aiutarci, sostenerci, fare massa critica nelle pratiche e nelle lotte.
Perciò, seppur ci potranno essere delle collaborazioni e sostegni a livello più largo (per territori e provincie confinanti per esempio) i progetti della scuola di agro-ecologia e della C.S.A. Si realizzeranno a partire dal territorio di Bergamo, mentre l’impegno della costruzione di un movimento contadino ha un respiro più nazionale ed internazionale per connessione di lotte e di strategie.
Slogan finale
GLOBALIZZIAMO LA LOTTA, GLOBALIZZIAMO LA SPERANZA
(a cura di Orazio Rossi)
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(BERGAMO 14-15.10.17) FORUM ALTERNATIVO AL G7. REPORT TAVOLO MONTAGNA
Montagna, dove la terra accarezza il cielo (pdf)
Gli altri documenti
Documento conclusivo: qui
![]() Innanzitutto nel gruppo abbiamo cercato di cogliere le trasformazioni che sono in corso in montagna. Sinteticamente abbiamo individuato tre fenomeni i cui effetti si sono cumulati: 1) Una fase, oggi terminata, di spopolamento delle montagne in cui i montanari sono stati usati come soldati e poi come esercito industriale di riserva per le aziende della pianura. 2) In particolare negli ultimi 20/30 anni si è determinata una situazione di profonda divaricazione all’interno delle aree montane.
Da un lato le aree che vedono grandi investimenti. Abbiamo i grandi comprensori sciistici (Sestriere, Cervinia, etc.), sorta di grandi parchi giochi per ricchi e benestanti che richiedono una grande infrastrutturazione in loco e di collegamento. Abbiamo poi lo sfruttamento delle risorse idriche (captazioni delle acque per l’idroelettrico) o la trasformazione delle vallate in corridoi di transito, come la Val di Susa con la Tav, un’autostrada, una linea ferroviaria internazionale, due statali e tre elettrodotti ad alta tensione..
Accanto a questi fenomeni di forte impiego di capitale per sfruttare il territorio montano da parte di aziende che non lasciano quasi nulla sul territorio, abbiamo il puro e semplice abbandono del territorio montano, lasciato a se stesso senza risorse per vivere.
3. Nell’ultimo periodo, anche nelle aree marginali dell’arco alpino, lo spopolamento è finito e vi è una parziale inversione di tendenza con un fenomeno interessante di giovani che vanno ad abitare in montagna: dal rifugista al turismo dolce, all’agricoltura non industriale, al lavoro svolto in montagna ma connesso alla città attraverso la rete, oppure semplicemente per andarci a vivere.
Proprio a partire dalle aree maggiormente abbandonate, in montagna si sta aprendo uno spazio di iniziativa politica e sociale, in cui agire per costruire l’alternativa, sia attraverso pratiche direttamente alternative, sia attraverso il conflitto: sia per sostituzione che per rivoluzione.
Caso emblematico di questo spazio di “libertà” che si apre, è quanto ci hanno raccontato le compagne e i compagni anarchici che - nella zona del Mugello - hanno portato avanti una interessantissima esperienza di auto recupero di case, villaggi e terreni abbandonati. Il totale spopolamento della zona ha fatto sì che le istituzioni, a partire dalla regione toscana, pur di garantire un ripopolamento, abbiano dovuto accettare le condizioni poste da chi nel territorio voleva viverci, rovesciando radicalmente l’impianto produttivistico che stava alla base dei bandi precedentemente emanati. Mentre in città un esperienza di questo tipo sarebbe stata difficilissima, l’abbandono della montagna apre uno spazio di minor forza del “potere” e quindi di maggiore possibilità di costruire pratiche di alternativa.
Dal gruppo avanziamo quindi una proposta: Assumere la montagna come terreno di sperimentazione dell’alternativa.
Al fine di costruire questa alternativa vi proponiamo i seguenti filoni di riflessione e di intervento:
La montagna come bene comune.
In primo luogo occorre fare una battaglia culturale sul valore della montagna: la montagna è uno spazio “utile per tutti e tutte”, è un bene comune universale, non solo per chi vi abita fisicamente. Questo per varie ragioni:
Quindi non solo difesa della montagna come problema per chi è rimasto in montagna ma la montagna come risorsa per tutti ai fini della conservazione del territorio, del paesaggio, della biodiversità.
Il montanaro come garante del bene comune e attore primo della comunità montana.
Parallelamente occorre valorizzare la figura e il ruolo del montanaro/valligiano, nella chiarezza che montanaro è chi vive in montagna oggi, non solo chi vi risiede da generazioni. Non è una affermazione di poco conto se si considera che i cittadini - nipoti di chi un tempo risiedeva in montagna e che oggi usano la vecchia residenza come seconda casa - sovente si considerano veri montanari mentre considerano “cittadini” coloro che sono andati a vivere in montagna a tutti gli effetti. Si tratta quindi di individuare una linea di tendenza basata sull’idea che il territorio è di chi lo abita, di chi ci vive, di chi ci lavora, non semplicemente la memoria di un passato remoto. In questo quadro occorre costruire una figura positiva del montanaro come garante della montagna come bene comune, di costruttore della comunità montana.
Coordinare le sperimentazioni, le pratiche e i conflitti dell’area montana. Alcune proposte di lavoro.
In montagna vi sono molti conflitti e molte esperienze di alternativa. Queste esperienze tendono però ad essere frammentate, poco conosciute e per questa via meno efficaci di cosa potrebbero essere ai fini della trasformazione del modello sociale. Occorre quindi coordinare.
Innanzitutto occorre bloccare ogni ulteriore progetto di sfruttamento e di consumo del territorio montano. No ad ulteriori distretti turistici basati su impianti a fune, no ad ulteriori parchi giochi per ricchi, no ad ulteriori seconde case che deturpano il territorio non lasciando alcuna risorsa sullo stesso, no ad autostrade per portare più rapidamente i milanesi in Valtellina in una logica di turismo mordi e fuggi, no ad ulteriori impianti idroelettrici che sono diventato una forma di rapina del territorio, no alla trasformazione delle vallate in corridoi di transito.
In primo luogo occorre quindi coordinare una lotta contro l’ulteriore devastazione del territorio montano: i no sopra elencati sono altrettanti sì ad un utilizzo armonico del territorio, impedendone lo sfruttamento selvaggio. Una lotta che vede nella lotta contro la TAV della Val di Susa un punto di riferimento fondamentale ma che deve allargarsi a tutto l’arco alpino contrastando l’economia di rapina nei territori di montagna.
In secondo luogo occorre mobilitarsi per bloccare il rinnovo delle convenzioni dell’idroelettrico che, dopo la liberalizzazione del settore, vede una larghissima presenza di imprenditori privati. Se negli anni 60 e 70 gli impianti erano pubblici e davano comunque luogo ad una significativa quota di occupazione in montagna, negli ultimi decenni sono proliferati impianti privati di “rapina” – sovente piccoli, che vanno a captare anche le acque dei piccoli corsi d’acqua rinsecchendoli - che non lasciano un euro sul territorio, tanto più che sono impianti totalmente privi di occupazione. Costruire un movimento per il non rinnovo delle convenzioni (che sono dell’ordine delle decine di anni) e poi per una discussione su quali impianti vanno mantenuti in forma pubblica e quali no, è un punto decisivo per evitare il prosieguo della distruzione ambientale ma anche per evitare che le poche risorse disponibili in montagna vengano rapinate da società private che si fanno semplicemente gli affari loro a scapito del territorio.
In terzo luogo occorre coordinare una battaglia per le risorse pubbliche da parte dello stato. Faccio un esempio. Angrogna, un piccolo comune piemontese di 900 abitanti - con un glorioso passato nelle lotte per la libertà religiosa combattute dai Valdesi - di cui sono consigliere comunale per la lista Montagna in Comune, è stato interessato negli ultimi cinque anni da fenomeni franosi che per essere ripristinati abbisognano di almeno 7 milioni di euro. Di questi soldi, fino a poche settimane fa, il comune ne aveva a disposizione 500.000 e forse adesso arriveremo ad una cifra che sfiora il milione. E’ del tutto evidente che chiunque faccia il sindaco di quel paese non è posto nelle condizioni di poter risolvere il problema, per la drammatica carenza di risorse. Per questo quando mi sono candidato nelle ultime elezioni ho detto chiaramente che non ero candidato per fare il sindaco - contro il sindaco uscente – ma che ero candidato per fare il consigliere contro il governo regionale, nazionale ed europeo che con le loro politiche economiche stanno distruggendo la montagna. Se la montagna continuerà ad essere privata di risorse come adesso, nel giro di vent’anni sarà un territorio completamente devastato dal dissesto idrogeologico in cui non ci sarà più un muretto a secco in piedi. Il lavoro di generazioni e generazioni di montanari risulterà semplicemente distrutto. I soldi ci sono, occorre prenderli da chi ne ha troppi e la montagna deve essere protagonista di questa redistribuzione di risorse dai ricchi ai poveri, dalle aree ricche verso quelle più povere.
Rivendichiamo quindi il deciso aumento delle risorse pubbliche per finanziare il riassetto idrogeologico del territorio, l’agricoltura a km zero, la biodiversità a partire dalle sementi, il mantenimento delle strutture architettoniche degli edifici, i servizi sociali e sanitari sul territorio, l’assistenza domiciliare per gli anziani, l’istruzione sul territorio, ma anche per avere la banda larga perché c’è gente che andrebbe a lavorare in montagna con internet ma non ci può andare. Anche l’assenza dell’accesso alla rete è un handicap da rimuovere, né più né meno come il fatto che la neve venga rimossa e che le strade siano percorribili anche d’inverno: il diritto alla comunicazione e alla mobilità è uno dei punti rilevanti su cui agire.
Risorse vuol anche dire difendere tutte le forme di democrazia decentrata e municipale, non accettando l’elemosina dei soldi per gli accorpamenti dei piccoli comuni. Parallelamente, vanno promosse tutte le forme di consorziamento dei comuni in modo da utilizzare in modo migliore le risorse e il personale e da fornire servizi decenti sul territorio. Occorre evitare la distruzione delle forme di democrazia sul territorio perché dopo l’abolizione delle Comunità Montane e delle Provincie, abolire i piccoli comuni significa azzerare ogni forma storica in cui si è espressa la democrazia sul territorio montano.
In questo quadro proponiamo di far leva su una pluralità di lavori ai fine di dar luogo ad un reddito sufficiente per vivere decorosamente in montagna. Per le caratteristiche che abbiamo sopra descritto difficilmente l’agricoltura non industriale o il turismo non invasivo possono dar luogo ad un reddito sufficiente per vivere. Noi proponiamo allora di puntare sulla costruzione di un reddito prodotto da una pluralità di lavori in cui lo stato garantisca un reddito di base attraverso i lavori di manutenzione e riassetto del territorio a cui si possa aggiungere reddito agricolo e da turismo dolce. Occorre cioè fare del riassetto idraulico forestale del territorio, anche un elemento di trasformazione sociale, facendolo diventare la risorsa di base con cui garantire il reddito a chi lavora in montagna. La nostra parola d’ordine “l’unica grande opera che ci piace è il riassetto del territorio”, non ha quindi in montagna solo un valore ambientale ma deve diventare a tutti gli effetti il centro della montagna come bene comune.
Infine, molti si sono abituati a pensare le montagne solo come un luogo di confine. Al contrario queste sono un luogo di incontro, di contaminazione. Di fronte alla vulgata della Lega in cui il montanaro sarebbe l’archetipo dell’uomo razzista sempliciotto e un po’ tonto, occorre proporre la montagna - e cioè un territorio in condizione di fragilità - come luogo in cui la fragilità delle persone viene accolta e rispettata. Del resto la forma di vita storica in montagna è solidale e cooperativa, non certo individualistica e competitiva.
Ci proponiamo quindi di connettere le diverse esperienze che ci sono e di cominciare da questi punti un lavoro comune sul piano culturale e sociale. Sul piano progettuale significa parlare in primo luogo del tema dei rifugiati. Ci sono piccoli comuni che hanno accolto dei rifugiati. Questi stanno rifacendo i sentieri e in parte diventeranno abitanti di quei paesi. Del resto già oggi una bella fetta della pastorizia in tutta Italia, è fatta da immigrati: anche la fontina della val d’Aosta parla di un lavoro migrante sugli alpeggi… Da questo punto di vista i “vuoti” che si aprono in montagna possono essere colmati con pratiche di solidarietà e condivisione che determinino un rilancio del tessuto montano in una logica opposta a quella dalla Lega. Se le montagne sono il luogo dove la terra accarezza il cielo, se i valichi di montagna sono fatti per essere percorsi, dobbiamo costruire un movimento di montanari che sappiano camminare guardando il sentiero ma anche fermarsi a guardare in alto, con la schiena dritta. (a cura Paolo Ferrero)
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Il Tavolo Territorio, all’interno delle giornate del controG7 sull’agricoltura di Bergamo, nasce dalla necessità di creare un confronto tra realtà che hanno fatto del territorio, e dell’organicità ad esso, il proprio ambito di lotta.
Le tematiche emerse possono essere riassunte cosi:
Necessità di conoscenza reciproca e condivisione: Le diverse esperienze portate al tavolo sono spesso simili tra loro per problematicità, storia, composizione. Molte sono realtà piccole e difficilmente si conoscono. Metterle in comunicazione significa dar loro la possibilità di scambiarsi informazioni, conoscenze ed esperienza, permettendo la nascita di coordinamenti tra realtà che si occupano delle stesse questioni e che, legandosi tra loro, possono avere maggiore capacità di incidere rispetto alle loro vertenzialità.
Solidarietà tra le lotte: Il tavolo si è aperto con l’invito, da parte del coordinamento di cratere del Popolo del Terremoto, ad esprimersi in solidarietà alla loro lotta, dando cosi maggiore risalto, visibilità e partecipazione alla mobilitazione che si terrà il 21 ottobre a Roma. Il tema della solidarietà diventa centrale se vogliamo che la lotta di uno sia la lotta di tutti.
Gestione popolare del territorio: il governo del territorio è relegato quasi esclusivamente alle scelte di una classe politica che agisce in nome degli interessi del profitto e del mercato e non in nome della collettività.
Territorio come risorsa alimentare: il consumo di suolo è un fenomeno che, tra le tante conseguenze, ha quella di ridurre le superfici coltivabili e quindi quella di ridurre la capacità nazionale di produzione di cibo. Ragionare di sovranità alimentare significa contrastare prima di tutto il consumo di suolo. Diventa significativo il lavoro da fare fianco a fianco degli allevatori e agricoltori sottoposti agli espropri.
Energie rinnovabili: Il tema della politica energetica nazionale è centrale se si vogliono contrastare le opere infrastrutturali e di sfruttamento messe in atto dai nostri governi. Rilanciare una nuova strategia, improntata sull’uso delle rinnovabili, sull’efficienza energetica, sul modello del decentramento comunitario, sulla distribuzione equa dell’energia, significa contrastare opere impattanti, migliorare la qualità dell’ambiente e guardare realmente al futuro. Proprio attorno alla questione energetica ruotano attorno altre questioni riguardanti il modello industriale imposto, come ad esempio la questione dei veicoli elettrici, del trasporto pubblico, delle case popolari efficienti energeticamente. Di fronte ad una crescente povertà energetica delle famiglie (oltre 2 milioni di famiglie non hanno energia), bisogna invertire la tendenza neoliberista di mercificazione dell’energia, rivendicando invece l’energia come bene comune.
Trasporto pubblico Il tema del trasporto pubblico e della sua incentivazione è centrale nel miglioramento della viabilità, la riduzione delle sostanze inquinanti, la riduzione dell’uso delle energie non rinnovabili, il contrasto ad opere infrastrutturali inutili (parcheggi, strade, autostrade, ecc..)
Trasformazione del clima: Le crescenti emergenze ambientali che stanno attraversando il mondo (nevicate, incendi, alluvioni, terremoti, siccità ecc…) impongono una svolta radicale, non solo dei nostri sistemi di produzione e consumo, ma anche nella gestione dei nostri territori e delle sue risorse. Occorre rivedere il modello di sviluppo neoliberista e ragionare su un modello alternativo di progresso.
Messa in sicurezza del territorio: Le scelte politiche di chi governa i territori vanno nella direzione di favorire e finanziare opere inutili e dannose per la collettività ma molto vantaggiose per l’interesse di pochi, il cui apporto occupazionale ed economico non ne giustifica la realizzazione.
Gestione pubblica delle emegenze: di fronte alla privatizzazione delle risorse e dei mezzi di soccorso si crea il controsenso per cui il privato guadagna in base alle emergenze e ha tutto l’interesse affinchè queste non finiscano. L’esempio dei Canadair e del costo enorme da parte dello Stato per “affittarli” è inoltre un ulteriore esempio dello spreco di risorse pubbliche da parte dello Stato.
Necessità pratiche sociali: Come dimostrato dagli interventi popolari durante gli incendi, nevicate, alluvioni e terremoti, le pratiche sociali sono uno strumento necessario per ricostruire il collante tra le lotte e il Popolo, in grado di produrre legittimità sui territori da spendere poi per iniziare percorsi di lotta collettivi. Le parole, da sole, per quanto portatrici di verità, non sono più in grado di mobilitare le popolazioni se non collegate ai fatti e alle azioni. Il Fare, l’azione e le pratiche legittimano le parole e i discorsi.
Territorio bene comune: Il territorio è un bene comune, una proprietà collettiva da gestire nel nome dell’interesse di tutti. Cementificazione, inquinamento e sfruttamento vanno nella direzione contraria rispetto a questa considerazione.
Territorio come sistema fisico circolare: Considerare il territorio unicamente come “suolo” è limitante. Il Territorio è un sistema complesso costituito da più elementi come il suolo, il sottosuolo, l’acqua e l’aria.
Territorio come sistema sociale: Il territorio è luogo di identità, luogo politico, luogo sociale. Di fronte ad un identità territoriale “di sangue” che si basa sull’esclusione, dobbiamo rispondere con un identità territoriale in grado di essere inclusiva e costruttiva.
Utilità dei gruppi di studio: i gruppi di studio, che coinvolgono diverse figure e competenze, sono in grado di produrre studi e analisi scientifiche da mettere poi a disposizione delle lotte. La simbiosi tra ricerca e lotta permette di smontare le narrazioni egemoniche che vedono le grandi opere e i progetti impattanti sui territori come necessari. Permette inoltre di acquisire maggiori conoscenze rispetto alle specificità fisiche, sociali, antropologiche e politiche dei territori stessi che possono essere condivise e messe a disposizione di tutti e diventare patrimonio collettivo.
Necessità di un coordinamento: Le testimonianze presenti al tavolo hanno un denominatore comune: quello di resistere alle logiche di chi vede nel territorio un luogo di profitto e di sfruttamento.
Per ora i contatti dei partecipanti al tavolo sono stati raccolti in una chat WhatsApp, utilizzata per condividere il report e la foto di gruppo finale del tavolo sotto lo striscione “l’unica grande opera è la messa in sicurezza del territorio”, scattata in solidarietà al Popolo del Terremoto.
Uniti siamo tutto divisi siam canaglia!
Realtà intervenute: Francesco_coordinamento di cratere - Michele_No Parking Fara - Augusto_Forum H20 Ombrina - Enrico_No Gasaran - Elena_Stop Ttip - Davide_Spazio Pueblo - Jambe_ No Tap - Savino_Collettivo AltreMenti Sulmona - Giovanni_Usb Livorno - Diego_Usb/Ex Carcere Livorno - Guido_Basta Veleni (No Tav, Mamme Volanti Castenedolo) - Ezio_No Triv Lombardia - Oscar_EQual Mantova - Elio_Off Topic Milano - Antonello_Prc Milano - Gabriele_Prc Treviso - Giuseppe_Brigate Solidarieta Attiva - Federica_Podere Casale Rosa Roma - Davide_Emidio di Treviri - Luigi_Usb/Zona 22 Le nostre precedenti info: qui |
Nei giorni 14 e 15 ottobre 2017 si sono incontrati a Bergamo i delegati di oltre 150 tra movimenti, associazioni, comitati, reti, Gas, Gap, sindacati, forze politiche, che lavorano sui temi dell’agricoltura e della sovranità alimentare, della difesa del territorio, del mutualismo, dell’autorganizzazione, della lotta per l’occupazione e contro la precarietà e il lavoro nero. Ancora una volta i 7 grandi della terra negli stessi giorni hanno occupato la nostra terra per sottoporci una passerella politica distante anni luce dalle reali questioni, dai bisogni, dai contenuti e dalle istanze di chi quotidianamente vive le pesanti ricadute delle loro scelte, dei loro programmi, della loro propaganda.
L’attacco neoliberista ai beni comuni e al cibo sano per tutti
Il sistematico attacco ai beni comuni, attraverso la loro finanziarizzazione e mercificazione, non è un incidente di percorso o un semplice tentativo da parte dei poteri finanziari di aumentare i loro profitti.
La liberalizzazione commerciale come strumento per premiare i più forti
L’Unione europea chiama “diplomazia economica” quei negoziati di liberalizzazione commerciale come CETA, TTIP, gli altri oltre 100 negoziati bilaterali in corso e quelli portati avanti all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio con i quali, sostiene, si possano favorire crescita e occupazione in Europa e diventare più efficienti nel perseguire i nostri interessi economici all’estero. E’ l’agenzia delle Nazioni Unite che si occuopa di commercio e sviluppo che, però, nel rapporto 2017 a constatare che ““in netto contrasto con le ambizioni dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, l’economia mondiale rimane sbilanciata in modi che non solo sono impedienti, ma anche destabilizzanti e pericolosi per la salute politica, sociale e ambientale del pianeta. Anche quando la crescita economica è stata possibile, sia attraverso picchi di consumo interno, un boom immobiliare o di esportazioni, i guadagni sono stati sproporzionalmente ripartiti tra pochi privilegiati”. Oltre vent’anni di globalizzazione, ammette la stessa Wto, hanno progressivamente paralizzato anche il commercio mondiale “perché altamente concentrato”.
Il neocoloniasmo attraverso il “land grabbing” e gli EPA
Per parlare della situazione in Africa, negli ultimi anni in Italia quando si discute di immigrazione è ricorrente l’affermazione “Aiutiamoli a casa loro” ma quello che i nostri governi e le istituzioni internazionali fanno è esattamente l’opposto: attraverso gli accordi commerciali, ad esempio gli EPA, gli Economic Partnership Agreements con le ex colonie di Africa, Caraibi e Pacifico, l’UE, con il pieno sostegno della Wto, ha condotto un durissimo attacco all’ agricoltura africana a vantaggio delle esportazioni delle grandi aziende globalizzate dell’agrobusiness, nascosto dalla richiesta di abbattere le barriere protezionistiche e di modificare i preesistenti accordi.
Quale cibo deve nutrire l’umanità e rigenerare la terra
L’attuale agricoltura industriale, a partire dalla cosiddetta “Rivoluzione Verde”, ha favorito un sistema produttivo lineare (a differenza del sistema produttivo naturale che è circolare), ad alto input di energia fossile (si pensi ai fertilizzanti di sintesi, ai pesticidi, ai grandi trattori, all’irrigazione e ai lunghi trasporti di sementi e di prodotti agricoli), con drastica riduzione della biodiversità agricola (poche sementi ibride o addirittura OGM): in breve l’agricoltura è diventata insostenibile e responsabili di gravi impatti ambientali.
Verso una nuova economia agroecologica
Una nuova economia agricola, ecologica, può assicurare un reddito dignitoso, un lavoro soddisfacente, la sperimentazione di nuove forme di convivenza sociale e un rapporto consapevole con l’ambiente di vita. Si tratta di una trasformazione legata sia ai prodotti che ai produttori del territorio e dimensionata ad essi, a servizio degli agricoltori e dei cittadini e volta a limitare gli sprechi materiali ed energetici.
Proseguiamo il lavoro e la lotta
Non rincorriamo gli eventi che ci impone il sistema, costruiamo i nostri. Le nostre precedenti info: qui |